Lettera
aperta dell’A.D.U. alla Cassa di Previdenza ed Assistenza Forense
Spett.le Cassa Forense,
l’Associazione Difensori di Ufficio fa propria la forte
preoccupazione di parte dei giovani – ma ormai anche di non più giovani –
avvocati circa le iniquità esistenti nel meccanismo previdenziale che condurrà
molti avvocati a non riuscire ad ottenere la pensione, mentre ad altri
conduce già a pagare i relativi contributi previdenziali solo con rilevanti
sacrifici.
Ad esempio, riteniamo ingiusto il meccanismo della c.d.
continuità professionale, per cui chi non raggiunge, dal quarto all’ottavo
anno di iscrizione alla Cassa un reddito Irpef di €. 5.150,00 o un fatturato IVA di 7.500,00, e chi, da oltre
l’ottavo anno non avrà raggiunto gli €. 10.300,00 di reddito Irpef o i 15.000,00
di fatturato Iva, i contributi che ha comunque versato non saranno conteggiati
ai fini pensionistici. Difatti, come sappiamo, ben il 22% degli avvocati
dichiara redditi non superiori a 10.000 euro. Ed i redditi degli avvocati vanno
ormai di anno in anno assottigliandosi.
A parte la considerazione che con la crisi tali limiti di
reddito sarebbero in ogni caso senz’altro da rivedere, il principio che chi
versa una somma di denaro per ottenere un beneficio può non vedersela fruttata
bensì versata a fondo perduto, è profondamente ingiusto, soprattutto
considerando che chi ci rimette sono senz’altro gli avvocati meno abbienti.
Altrettanto iniqui sono i criteri di versamento
contributivo che operano in barba ai principi costituzionali di cui all’art.
53 Cost. Cioè, non solo sono assenti i criteri ivi previsti di contribuzione
progressiva, di cui al secondo comma, ma sono anche profondamente inadeguati
quelli, più elementari, di proporzionalità alla capacità contributiva di cui al
primo comma dello stesso articolo.
Infatti, chi percepisce un reddito basso, a parte la quota di
contributo a carico del cliente, deve versare sostanzialmente quanto versa anche
chi è detentore di redditi alti.
Inoltre, come la stessa Cassa Forense ha reso noto, vi è il 24%
degli iscritti all’Albo che non è iscritto ad essa (e ci si chiede cosa
accadrà adesso con gli obblighi della nuova legge professionale). Questo è un
dato che riteniamo preoccupante la cui causa principale, se non esclusiva, è la
mancanza di principi di contribuzione proporzionali e progressivi.
Noi crediamo che non si possa parlare in maniera completa di
rispetto della dignità dell’avvocatura se non viene riconosciuto a tutti i
colleghi un giusto e dignitoso trattamento previdenziale “adeguato alle loro
esigenze di vita” (art. 38 Cost.).
La pensione è una conquista molto importante e noi crediamo che nessun vanto di
buona gestione, così come di indipendenza da altri istituti previdenziali –
come i tanti che i dirigenti della Cassa fanno in ogni sede – può essere
fondato e credibile se la Cassa mantiene ancora queste inique ed
incostituzionali pratiche; vanto che, tra l’altro, benché accompagnato
costantemente da rassicurazioni sulla stabilità dei conti e della gestione, si
contraddice con improvvisi, consistenti e preoccupanti aumenti annuali dei
contributi previdenziali.
Pertanto, l’A.D.U. chiede che la Cassa Forense predisponga ed
attui al più presto rinnovati criteri per svolgere al meglio il suo compito
delicato, fondamentale e costituzionalmente rilevante e lo faccia, con equità,
al servizio di TUTTI gli avvocati.
Cordialmente.
Associazione Difensori di Ufficio