martedì 14 aprile 2015

Documento A.D.U. su continuità professionale

PROPOSTA DI MODIFICA DEL REGOLAMENTO MINISTERIALE PER L’ACCERTAMENTO DELLA CONTINUITA’ PROFESSIONALE DELL’AVVOCATO


Continua l’attacco alla avvocatura attraverso l’utilizzo di strumenti che inducano l’avvocato, il quale versi in un periodo di difficoltà economica, a dover rinunciare al proseguimento dello svolgimento della propria professione.

Il Ministero della Giustizia ha pubblicato lo schema di regolamento volto a disciplinare le modalità di accertamento dell’attività degli avvocati, in attuazione dell’art. 21, comma 1, della legge n. 247/2012 (Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense).
Questo regolamento, al fine di conservare l’iscrizione all’albo professionale, prevede la sussistenza congiunta dei seguenti requisiti:
1.  Iscrizione alla Cassa di Previdenza ed Assistenza Forense e versamento dei relativi contributi alla scadenza;
2.      essere titolare di una partita Iva attiva;
3. avere l’uso di locali e di almeno un’utenza telefonica destinati allo svolgimento dell’attività professionale, anche in associazione professionale, società professionale o in associazione di studio con altri colleghi;
4.     avere trattato almeno cinque affari l’anno anche se l’incarico professionale è stato conferito  da altro professionista;
5.       avere una Pec comunicata al consiglio dell’ordine;
6.       aver assolto l’obbligo di aggiornamento professionale;
7.   essere titolare di una polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall’esercizio della professione;
8.      aver corrisposto il contributo annuale al Consiglio dell’Ordine.
Il Consiglio dell’ordine di appartenenza dovrà verificare ogni tre anni il rispetto di detti requisiti ritenuti comprovanti l’esercizio effettivo, continuativo, abituale e prevalente della professione ai fini dell’iscrizione all’Albo. In caso di inosservanza ne deriverà, se non sussistono giustificati motivi, a seguito di una procedura di accertamento della violazione nel contraddittorio tra le parti, la cancellazione dall’Albo stesso.
Riteniamo che il Governo sia mosso da una visione della realtà sociale dell’avvocatura ancorata a schemi vecchi, ormai superati.
L’ADU viceversa è fermamente convinta che i criteri di valutazione degli Avvocati iscritti agli Ordini Professionale debbano essere, non di tipo censuario, ma piuttosto debbano considerare l’impegno concreto, la professionalità e soprattutto la competenza.
Tra l’altro, dobbiamo prendere atto, nostro malgrado che quest’ultimo provvedimento non è il primo che si muove in questa direzione e, purtroppo, prevediamo che non sarà neanche l’ultimo.
Constatiamo, inoltre, che, nel momento in cui il Ministero è stato chiamato da tale disposizione legislativa ad emanare il relativo regolamento, esso ha optato per un’applicazione chiaramente drastica della stessa.
L’A.D.U. ritiene, al contrario, che tale regolamento avrebbe potuto, e dovuto, attenuare l’eccessivo rigido approccio della legge alla questione della suindicata continuità professionale.
In particolare riteniamo che ci siano specifiche mancanze e punti critici e proponiamo, in merito, le seguenti modifiche;
·         l’espressa previsione, in luogo della cancellazione dall’albo ed in relazione alla valutazione della gravità della violazione rilevata a seguito del procedimento di accertamento, di sanzioni  più gradate.
·         La rimodulazione delle modalità di accesso per la nuova iscrizione a seguito del provvedimento di cancellazione dall’albo. Invero nel caso in cui si sia stati cancellati per la mancata trattazione del numero minimo di affari in un anno, si cadrebbe nel paradosso che per avere i requisiti un avvocato sarebbe costretto ad esercitare abusivamente la professione. A questo proposito si chiede l’introduzione di una specifica procedura di autorizzazione dell’ordine di appartenenza, da attivarsi a richiesta scritta dell’interessato, al fine di permettere l’esercizio della professione e l’integrazione dei requisiti mancanti entro un determinato lasso di tempo.
·         Si segnala inoltre la discrasia tra il regolamento attuativo in parola e la legge 247 laddove quest’ultima prevede che la verifica sull’esercizio continuativo venga compiuto ogni tre anni ed invece il primo prevede un controllo annuale delle dichiarazioni. A nostro parere appare congruo il periodo  di valutazione di tre anni in quanto consente di abbracciare un lasso di tempo compatibile con l’attività professionale tipica dell’Avvocatura.
Per tutto quanto sopra esposto:
1.    chiediamo che il CNF accolga tali richieste e le proponga come modifica del regolamento in parola nel parere che dovrà fornire al Ministero.
2.      Inoltre, facciamo appello a tutte le associazioni forensi affinché sostengano tale iniziativa volta a  modifica e migliorare questo provvedimento ministeriale, avendo come unico obiettivo quello di ancorare il più possibile la legge alla realtà della situazione dell’Avvocatura Italiana.
A.D.U.
Associazione Difensori di Ufficio


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