Segnaliamo la sorprendente iniziativa, che si auspica isolata, di un
magistrato del Tribunale di Roma che, chiamato a valutare un'istanza di
liquidazione avanzata da un nostro collega, ha sollevato questione di
legittimità costituzionale dell'art.116 Del T.U. sulle spese di
giustizia, disciplinante i casi di liquidazione per il difensore
d'ufficio di soggetto irreperibile di fatto.
Tralasciando le motivazioni giuridiche poste nell'ordinanza di
rimessione, sulle quali si auspica una chiara pronuncia di
inammissibilita' del giudice delle leggi, considerata la totale
infondatezza delle tesi espresse, ciò che lascia esterrefatti e
profondamente offesi sono le considerazioni svolte in merito ad asserite
strategie processuali che il difensore d'ufficio andrebbe ad attuare
non a tutela del proprio assistito ma per esclusivi interessi economici
che quella norma consente di fargli ottenere con modalità'
discriminatorie rispetto ad altre categorie professionali, con la
pretesa finale che essendo "volontaria" la scelta dell'iscrizione alle
liste di ufficio, gli avvocati di ufficio debbono accettare la
possibilità di lavorare anche a titolo gratuito.
L'A.D.U. stigmatizza tali considerazioni ed intende intraprendere
insieme con le altre associazioni forensi romane, ANF e CAMERA PENALE,
azioni unitarie per difendere la nostra categoria da possibili effetti
nefasti di questa iniziativa che si ritiene essere lesiva della nostra
dignità e del nostro decoro professionale.
Di seguito l'ordinanza di remissione dinanzi alla Corte Costituzionale:
TRIBUNALE DI ROMA
Sezione […] penale
Ordinanza
propositiva di questione di legittimità costituzionale
- articolo 23, comma 3, Legge 11 marzo 1953 n. 87 -
- articolo 23, comma 3, Legge 11 marzo 1953 n. 87 -
Il giudice, […],
esaminati gli atti del procedimento iscritto al n. […] del Registro Generale
del Dibattimento dell'anno […] e vista l'istanza presentata in data […] (ma
consegnata a questo stesso giudice solo in data […]) dall'avv. […], con la
quale è stata chiesta la liquidazione degli onorari professionali spettanti per
l'attività prestata quale difensore di ufficio di […] ed […], imputati nel
detto procedimento, rileva quanto segue.
L'avv. […] ha
avanzato la suddetta istanza ai sensi dell'articolo 116 del Decreto del
Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n. 115. Egli, infatti, nominato
difensore di ufficio, ai sensi dell'articolo 97, comma 1, c.p.p., dei cittadini
[…] nell'udienza del […], non è riuscito ad ottenere il pagamento delle proprie
spettanze, in quanto non è stato in grado di reperire i suoi assistiti,
nonostante i tentativi di rintraccio posti in essere e documentati.
Sussisterebbero, dunque, le condizioni previste dalla norma citata ("... quando il difensore dimostra di aver
esperito inutilmente le procedure per il recupero dei crediti professionali")
perché questo giudice debba procedere all'accoglimento dell'istanza.
Si dubita,
tuttavia, della legittimità costituzionale della norma richiamata in relazione
agli articoli 3 - sotto un duplice profilo —nonché 97 e 111 della Costituzione.
Prima di
esplicitare tali dubbi, peraltro, preme evidenziare, da un lato, come la
questione proposta debba ritenersi ammissibile alla luce della natura
giudiziale del procedimento introdotto dall'istanza del difensore, confermata
dalla possibilità di impugnazione del provvedimento decisorio, prevista dallo
stesso articolo 116, secondo le modalità di cui all'articolo 84 del medesimo
D.P.R. 115/02 e già ritenuta dalla Corte Costituzionale in vari precedenti (si
veda, da ultimo, l'ordinanza n. 191 del 2013, pubblicata sulla Gazzetta
Ufficiale n. 29 del 17 luglio 2013) che hanno preso in esame la norma
evidenziata, sia pure sotto diversi profili.
Dall’altro
l’evidente rilevanza dell'eventuale
pronuncia di illegittimità costituzionale dell'articolo 116 nel procedimento
sopra ricordato, atteso che ciò comporterebbe il rigetto dell'istanza proposta
dall'avv.[…]
Sotto un primo
profilo, l'articolo 116 del D.P.R. 115/02 appare introdurre un principio di
irragionevole _disparità - in contrasto, dunque, con il disposto dell'articolo
3 della Costituzione - tra il difensore di ufficio di un imputato resosi
irreperibile • (indipendentemente da una formale dichiarazione al riguardo, ai
sensi dell'articolo 159 c.p.p.: fattispecie presa in esame dal diverso articolo
117 del D.P.R. 115/02) o, addirittura, semplicemente non in grado di onorare
l'obbligazione relativa al compenso spettante al proprio legale (per come la norma
viene interpretata dalla giurisprudenza della. Suprema Corte: vedi Cassazione,
Sezione VI civile, ordinanza 20 dicembre 2011 n. 27854 o •Cassazione, Sezione IV
penale, 26 marzo 2009 n. 27473) e tutti gli altri difensori impegnati in-processi
penali o civili - per non parlare delle altre categorie di liberi professionisti
o imprenditori - che si trovino a fronteggiare una situazione di insolvenza del
proprio assistito. Il difensore considerato dall'articolo 116 citato, in
sostanza, vede garantito e tutelato il
proprio credito dallo Stato, mentre il difensore di fiducia di un imputato
altrettanto impossidente o irreperibile o il difensore di una parte in un processo
civile devono sopportare l'onere ed il rischio di non poter vedere soddisfatto
il proprio credito. Tale disparità non appare giustificata dal bilanciamento
con il diritto di. difesa previsto dall'articolo 24 della Costituzione, che,
con tutta evidenza, mira a tutelare anche le parti dei procedimenti civili o
gli imputati che intendono avvalersi di un difensore di propria fiducia. Né apparirebbe
fondata l'eventuale obiezione che la necessità di assicurare la difesa anche a
coloro che si disinteressano del giudizio a proprio carico, giustifichi
l'assunzione dell'onere delle. spese del difensore da parte dello Stato: se,
infatti, a differenza dell'assunzione di un mandato fiduciario, l'incarico
della difesa di ufficio deve ritenersi obbligatorio per il professionista
designato, l'iscrizione nelle liste dei difensori di ufficio avviene, comunque,
su base volontaria. Ciononostante, in virtù dell'articolo 116 del D.P.R.
115/02, l'avvocato incaricato di ufficio viene escluso dalla condizione di
accettazione del rischio di insolvenza del proprio assistito, in cui invece si
trova il suo collega che assume un incarico fiduciario. Non può rilevare,
peraltro, come elemento discriminante, l'anticipazione della valutazione di
tale rischio - connessa al momento della iscrizione nelle liste e, dunque,
disgiunta dalla conoscenza personale dell'assistito - che appare, invero,
compensata dal meccanismo casuale di assunzione dell'incarico e
dall'affidamento degli incarichi stessi indipendentemente dalla predisposizione
di un'attività imprenditoriale di procacciamento della clientela.
È appena il
caso di osservare che la previsione dell'articolo 116 del D.P.R. 115/02 non
appare necessitata dal dettato dell'articolo 24, comma 3, della Costituzione,
che è pienamente rispettato dal legislatore attraverso il meccanismo del
patrocinio a spese dello Stato di cui agli articoli 74 e seguenti (in
particolare 90 e seguenti con riferimento al processo penale) del D.P.R.
115/02. Così come l'articolo 36 della Costituzione, nel prevedere il diritto di
qualunque lavoratore ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità
del lavoro svolto, non ammette differenze tra lavoratori della medesima
categoria che giustifichino l'intervento statale a tutela del compenso solo per
alcuni di essi a parità di prestazioni svolte.
Il richiamo alla disciplina dell'ammissione al
patrocinio a spese dello Stato consente di introdurre il secondo profilo di
irragionevole disparità - e, dunque, di contrasto con l'articolo 3 della
Costituzione - cui si è accennato con riferimento all'articolo 116 del D.P.R.
115/02. Le norme in questione, invero, prevedono da un lato una serie di oneri
e di assunzioni di responsabilità per l'istante - riassunti nell'articolo 79
del D.P.R. 115/02 - e dall'altro una serie di limiti alla possibilità di
accedere al beneficio -esplicitati negli articoli 76, 91 e 92 del richiamato
Decreto. Inoltre, l'istante è sottoposto al controllo della sussistenza delle
condizioni per accedere al patrocinio, sia in via preventiva (articolo 96, comma
2, D.P.R.115/02) che successiva (articoli 88 e 98 del detto D.P.R.) ed il
beneficio può essere revocato (articolo 112 del D.P.R. 115/02). Senza
considerare le sanzioni penali previste dall'articolo 95 in caso di
dichiarazioni non corrispondenti al vero. Nulla di tutto ciò è previsto
dall'articolo 116 in questione: il pagamento dell'onorario difensivo è rimesso
a carico dello Stato indipendentemente dal reddito dell'assistito, dai suoi
precedenti penali, dal titolo di reato per cui è stato processato. È sufficiente
che egli non sia stato reperito dal difensore (peraltro senza neppure la
garanzia di ricerche accurate, come quelle previste dall'articolo 159 c.p.p.) o
che si sia dimostrato insolvente nei suoi confronti (senza alcuna valutazione
in ordine al possibile occultamento di beni patrimoniali), perché il credito
del professionista venga garantito dallo Stato. Tenuto conto che il patrocinio
a spese dello Stato è, ovviamente, garantito anche a chi è assistito da un
difensore di ufficio, la disparità sopra evidenziata si rende palese nella
considerazione del vantaggio che ha tale difensore a trovarsi nelle condizioni
di cui all'articolo 116 citato (e, dunque, eventualmente a favorirne la
realizzazione) piuttosto che a dover intraprendere la farraginosa procedura di
cui agli articoli 74 e seguenti del D.P.R. 115/02. Tanto più che, anche qualora
il suo assistito dovesse vedersi rigettata l'istanza di ammissione, egli può
comunque vedersi garantire il compenso qualora ricorrano le condizioni di cui
all'articolo 116 in questione.
L'agevole
accesso al rimedio di cui alla norma che si intende sottoporre al vaglio ì di
legittimità introduce l'ultimo degli aspetti di contrasto della stessa con il
dettato costituzionale e, in particolare, con i. principi di buon andamento ed
imparzialità dell'amministrazione e di ragionevole durata del processo di cui
agli articoli 97 e 111 della Costituzione. La certezza di veder remunerato il
proprio operato, infatti, indipendentemente da ogni valutazione circa la sua
efficacia e, soprattutto, la sua necessità e da ogni confronto con il proprio
cliente, può, infatti, spingere il difensore - al di là di ogni considerazione
degli aspetti deontologici di tale comportamento - ad effettuare scelte di
strategia processuale che non siano finalizzate al miglior interesse del suo
assistito, ma a garantirsi un più alto compenso. Le modalità di liquidazione
degli onorari del difensore da parte del giudice, previste dalla legge,
portano, infatti, a ritenere meno vantaggioso per il legale, ad esempio, adire
un rito alternativo a quello ordinario ovvero inducono la proposizione di
impugnazioni anche nel caso di palese infondatezza delle stesse. Tutte
soluzioni che il controllo del proprio assistito o la consapevolezza della
difficoltà nel recupero del proprio credito, comune a quella di qualsiasi altro
professionista, contribuiscono a calmierare, con notevole sgravio per le già
ingolfate strutture giudiziarie.
Alla luce _delle_considerazioni sopra esposte,
il procedimento per la liquidazione delle competenze richieste dall'avv. […]
deve essere sospeso, con rimessione degli atti dello stesso alla Corte
Costituzionale.
P.Q.M.
Visto l'articolo 23, comma 3,
della Legge 11 marzo 1953 n. 87, solleva questione di legittimità
costituzionale dell'articolo 116 del Decreto del Presidente della Repubblica 30
maggio 2002 n. 115 per contrasto con gli articoli 3, 97 e 111 della
Costituzione, nei termini di cui in motivazione. Dispone la sospensione del
procedimento di liquidazione degli onorari instaurato con istanza dell'avv. […]
depositata in data […] e la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.
Dispone che la presente ordinanza sia notificata al pubblico ministero,
all'avv. […] ed alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché comunicata
ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato.
Roma, […].
ROMA Depositato in Cancelleria
IL GIUDICE
Ma quando è stata depositata l'ordinanza?
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