PROPOSTA DI MODIFICA DEL REGOLAMENTO
MINISTERIALE PER L’ACCERTAMENTO DELLA CONTINUITA’ PROFESSIONALE DELL’AVVOCATO
Continua l’attacco alla avvocatura
attraverso l’utilizzo di strumenti che inducano l’avvocato, il quale versi in
un periodo di difficoltà economica, a dover rinunciare al proseguimento dello
svolgimento della propria professione.
Il Ministero della Giustizia ha
pubblicato lo schema di regolamento volto a disciplinare le modalità di
accertamento dell’attività degli avvocati, in attuazione dell’art. 21, comma 1,
della legge n. 247/2012 (Nuova disciplina dell’ordinamento della
professione forense).
Questo regolamento, al fine di conservare
l’iscrizione all’albo professionale, prevede la sussistenza congiunta dei
seguenti requisiti:
1. Iscrizione alla Cassa di
Previdenza ed Assistenza Forense e versamento dei relativi contributi
alla scadenza;
2. essere titolare di
una partita Iva attiva;
3. avere l’uso di locali e
di almeno un’utenza telefonica destinati allo svolgimento
dell’attività professionale, anche in associazione professionale, società
professionale o in associazione di studio con altri colleghi;
4. avere trattato almeno cinque
affari l’anno anche se l’incarico professionale è stato conferito da
altro professionista;
5. avere una Pec comunicata
al consiglio dell’ordine;
6. aver assolto l’obbligo
di aggiornamento professionale;
7. essere titolare di
una polizza assicurativa a copertura della responsabilità
civile derivante dall’esercizio della professione;
8.
aver corrisposto il contributo
annuale al Consiglio dell’Ordine.
Il Consiglio dell’ordine di
appartenenza dovrà verificare ogni tre anni il rispetto di detti
requisiti ritenuti comprovanti l’esercizio effettivo, continuativo, abituale e
prevalente della professione ai fini dell’iscrizione all’Albo. In caso di
inosservanza ne deriverà, se non sussistono giustificati motivi, a seguito di
una procedura di accertamento della violazione nel contraddittorio tra le
parti, la cancellazione dall’Albo stesso.
Riteniamo che il Governo sia mosso
da una visione della realtà sociale dell’avvocatura ancorata a schemi vecchi,
ormai superati.
L’ADU viceversa è fermamente
convinta che i criteri di valutazione degli Avvocati iscritti agli Ordini
Professionale debbano essere, non di tipo censuario, ma piuttosto debbano considerare
l’impegno concreto, la professionalità e soprattutto la competenza.
Tra l’altro, dobbiamo prendere
atto, nostro malgrado che quest’ultimo provvedimento non è il primo che si
muove in questa direzione e, purtroppo, prevediamo che non sarà neanche
l’ultimo.
Constatiamo, inoltre, che, nel
momento in cui il Ministero è stato chiamato da tale disposizione legislativa
ad emanare il relativo regolamento, esso ha optato per un’applicazione
chiaramente drastica della stessa.
L’A.D.U. ritiene, al contrario, che tale regolamento
avrebbe potuto, e dovuto, attenuare l’eccessivo rigido approccio della legge
alla questione della suindicata continuità professionale.
In particolare riteniamo che
ci siano specifiche mancanze e punti critici e proponiamo, in merito, le
seguenti modifiche;
·
l’espressa
previsione, in luogo della cancellazione dall’albo ed in relazione alla
valutazione della gravità della violazione rilevata a seguito del procedimento
di accertamento, di sanzioni più gradate.
·
La rimodulazione
delle modalità di accesso per la nuova iscrizione a seguito del provvedimento
di cancellazione dall’albo. Invero nel caso in cui si sia stati cancellati per
la mancata trattazione del numero minimo di affari in un anno, si cadrebbe nel
paradosso che per avere i requisiti un avvocato sarebbe costretto ad esercitare
abusivamente la professione. A questo proposito si chiede l’introduzione di una
specifica procedura di autorizzazione dell’ordine di appartenenza, da attivarsi
a richiesta scritta dell’interessato, al fine di permettere l’esercizio della
professione e l’integrazione dei requisiti mancanti entro un determinato lasso
di tempo.
·
Si segnala
inoltre la discrasia tra il regolamento attuativo in parola e la legge 247
laddove quest’ultima prevede che la verifica sull’esercizio continuativo venga
compiuto ogni tre anni ed invece il primo prevede un controllo annuale delle
dichiarazioni. A nostro parere appare congruo il periodo di valutazione di tre anni in quanto consente
di abbracciare un lasso di tempo compatibile con l’attività professionale
tipica dell’Avvocatura.
Per tutto quanto sopra esposto:
1. chiediamo che il CNF
accolga tali richieste e le proponga come modifica del regolamento in parola
nel parere che dovrà fornire al Ministero.
2.
Inoltre, facciamo appello a
tutte le associazioni forensi affinché sostengano tale iniziativa volta a modifica e migliorare questo provvedimento
ministeriale, avendo come unico obiettivo quello di ancorare il più possibile
la legge alla realtà della situazione dell’Avvocatura Italiana.
A.D.U.
Associazione Difensori di Ufficio